30 gennaio 2009

Caro acqua, l'obbedienza non è una virtù

Divampa la polemica sugli esosi aumenti di Publiacqua, la Spa che gestisce il sistema idrico a Firenze e nel Medio Valdarno. Ogni anno la bolletta aumenta del 5% oltre l'inflazione programmata. Una gabella pesante per tutti coloro che hanno difficoltà economiche in un momento in cui la crisi è ogni giorno più pesante e molte sono le persone che vedono ridotto il loro reddito o che addirittura perdono il lavoro. Il presidente del Cispel, l'associazione regionale delle imprese di servizio pubblico (e quindi anche Publiacqua), dice che non si tratta di gabella ma semplicemente un atto dovuto nel rispetto della legge. Si mette dalla parte dell'azienda contro i bisogni dei cittadini.
Ora, se siamo d'accordo che l'acqua è un bene di primaria necessità e che nessuno può vivere senza lavarsi, cucinare, ma soprattutto senza bere, appare subito chiaro che il Cispel e Publiacqua, con il suo grande azionista, la multinazionale Acea, e i suoi piccoli azionisti, i comuni, a partire da quello di Firenze, hanno tutto l'interesse a non porre la questione in termini di diritto alla vita ma meramente in termini di profitto: «Buona la legge che consente di frugare oltre misura nelle tasche di chi fa uso dell'acqua», sembrano calcolare.
E allora il pensiero corre subito a don Milani e alle sue profetiche parole sulla divisione del mondo in «diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro», quando argomentava che l'obbedienza alla legge «non è una virtù, ma la più subdola delle tentazioni» e che per reagire all'oppressore un'arma efficace è «il voto».