14 novembre 2008

Case popolari: una domanda senza risposta

A Firenze i dati parlano chiaro: 3.000 domande per 300 case. Tempi di attesa per quel 10% di fortunati: 2 anni circa. Il problema, sempre più drammatico sul piano nazionale, a livello locale è aggravato da una sostanziale inerzia del Comune: si procede con le alienazioni di immobili, non ci sono previsioni, vincoli o altro che salvaguardino aree di possibile edificazione di alloggi popolari. Eppure c'è un attivismo frenetico in campo edilizio, si costruisce ovunque ci sia un metro quadro di area. Si lascia che le aree disponibili vengano messe sul libero mercato per fare cassa: ora c'è da finanziare l'alta velocità, ora da remunerare Baldassini & co, poi ci sono i debiti per la tramvia o per i parcheggi, l'unico cosa per cui i soldi non ci sono mai sono le case popolari. Che potrebbe fare un Comune? Intanto non alienare il proprio patrimonio immobiliare ma al contrario cercare di costituire una riserva di aree di proprietà pubblica da riconvertire in alloggi sociali e popolari, poi porre norme urbanistiche sulle destinazioni nel Piano regolatore. Qui succede esattamente il contrario. E intanto l'Unione Inquilini chiede che si rivedano i requisiti per l'accesso al bando e i punteggi, considerando le nuove emergenze sociali: lo sfratto per morosità, lo stato di disoccupazione e cassa integrazione, l'inclusione dei senza fissa dimora, un maggior peso al rapporto tra canone e reddito e a ogni anno di permanenza in disagio abitativo. Perché ci sia una maggior equità nella formazione delle graduatorie e si aumentino le risorse per rispondere a una domanda che è in drammatica, costante crescita.