La vicenda Seves sta assumendo aspetti sempre più drammatici. Nonostante le cronache di ieri raccontino di un passo in avanti nelle trattative per la riapertura del forno fusorio, i fatti di queste ultime settimane non ci fanno stare tranquilli sulla salvezza dello stabilimento fiorentino di Castello, considerato il fiore all'occhiello nella produzione di qualità di mattoni in vetro di un gruppo che nonostante la crisi continua a produrre utili. Dal novembre 2009 – secondo quanto convenuto tra le parti – dovrebbero inziare le procedure per la riapertura del forno. In realtà temiamo che l'azienda, dopo aver messo in cassa integrazione 110 lavoratori su 173, stia prendendo tempo per annunciare quella che sarebbe la peggiore delle ipotesi: l'abbandono di Firenze. La delocalizzazione del lavoro in Repubblica Ceca e la contestuale cessazione delle attività produttive di altri stabilimenti in Europa è soltanto uno dei segnali negativi. Un altro è ancor più grave: alcuni sindacati denunciano che il disimpegno di Seves in città sarebbe legato al ripianamento dei forti debiti con le banche che dovrebbero operare Ergon, Vestar e Athena, tre finanziarie che controllano il gruppo. E' necessario che questo accada per poter salvare il posto di lavoro di così tante persone. Il compito delle amministrazioni locali dev'essere quello di continuare a vigilare ed impedire che la Seves – come qualsiasi altra azienda in attivo – possa abbandonare Firenze dopo averla sfruttata.