Firenze è una strana città. Chi non la conosce la ama alla follia, chi la vive ogni giorno è tentato di fuggirla. Problemi normali che hanno tutte le città del XXI secolo - dal traffico all'inquinamento, dal bisogno di alloggi popolari alla banale manutenzione delle strade - qui sembrano irrisolvibili. E infatti non sono risolti. Chi la amministra si trincera dietro la specificità di questa capitale dell'arte e la proverbiale litigiosità dei suoi abitanti. In compenso però vengono prese le grandi decisioni che trasfigurano il volto di una città sempre più consumata da turisti frettolosi e impoverita di spazi sociali e di aggregazione, dove la rendita fondiaria tocca vertici inarrivabili.
Un milione e 400mila metri cubi di cemento a Castello, l'unico corridoio di territorio libero nella Piana, senza una vera ragione, la trasformazione delle aree dimesse in centri commerciali o altro a seconda delle convenienze della rendita e non delle esigenze delle diverse parti della città, un polo espositivo a poche centinaia di metri da piazza del Duomo (ma le fiere non sono di solito collocate in aree periferiche?), un inutile e dannoso sottoattraversamento di 7 km quando si è dimostrato che sarebbe più vantaggioso per la Tav passare in superficie, un pericoloso inceneritore in una delle aree già più inquinate.
Tutto in nome di una presunta "modernità" a cui si fa risalire anche il progetto del "tubone", un tunnel di oltre 7 km sotto le colline di Settignano e Fiesole. Ma ormai una parte della città ha capito che tali scelte, spacciate per strategiche, con la modernità non hanno niente a che fare; al contrario corrispondono a grandi interessi e a un'idea vecchia di grandi opere che oggi ha mostrato tutti suoi limiti ambientali e sociali.
La modernità vera a cui guardare è semmai quella della tutela del verde, del recupero delle aree dimesse a fini sociali e collettivi, dell'urgenza con cui affrontare il drammatico problema della casa (migliaia le famiglie in lista d'attesa), di una priorità della utilità pubblica e dell'equità sociale nella gestione del territorio, di perseguire una seria politica di riduzione della produzione dei rifiuti che consenta di non ricorrere a pratiche dannose per la salute di tutti. così, anziché fuggire dalla città dell'alta moda e dello sfruttamento dei beni culturali, si stanno impegnando per proporre altre scelte. Anche per questo è fondamentale che ci sia un'informazione libera e indipendente, estranea a interessi locali e a gruppi di pressione, un'informazione attraverso la quale possa essere proposta un'altra idea di città.
Ben venga allora un nuovo quotidiano nel quale si sviluppi un dibattito aperto e democratico, garanzia certa perché possano essere ascoltate voci diverse e proposte nuove.
Pubblicato sul primo numero de “Il Firenze” del 20 giugno 2006 (http://www.ilfirenze.it)